mercoledì 9 giugno 2010

Manovra correttiva iniqua, inefficace antipopolare

Non abbiamo mai pensato di poter eludere il problema dell’enorme debito accumulato a partire dagli anni ’80, e che tuttora costituisce un’ipoteca non solo sullo sviluppo economico-sociale del paese, ma sullo stesso futuro delle nuove generazioni: anche un debito familiare, se non lo si elimina o non lo si riduce consistentemente, si finisce per riversarlo poi sui figli.
E per ben due volte la sinistra, accusata storicamente, ma ingiustamente di essere “spendacciona”
nel senso di voler aumentare sempre più la spesa sociale, ha dovuto, nelle sue ultime esperienze nei governi di centro-sinistra, farsi carico, quasi per un paradosso storico, del pesante retaggio del debito e quindi del necessario risanamento finanziario del paese, cercando tuttavia sempre di coniugare questa esigenza con la necessaria equità sociale nei sacrifici e di evitare tagli alla spesa che potessero ledere o mettere a rischio le conquiste dello stato sociale.
Ma nell’arco di tempo che ha visto anche le forze di sinistra sostenere o partecipare al governo, tutto quanto è stato fatto per ridurre progressivamente il debito del paese, è stato successivamente in pratica annullato. Tant’è che oggi il rapporto debito/PIL è tornato ai livelli di venti anni fa.
E’ soprattutto questo che, insieme ad una crescita inferiore alla media europea, rende l’Italia più vulnerabile nell’attuale contesto rispetto agli attacchi speculativi in atto. Di qui la manovra, ma non perché “E’ l’Europa che lo vuole!”, come pure viene sostenuto. Manovra necessaria, si è detto, ma come farla e con quali finalità? Intanto, se anche fosse solo una manovra che mira a tagliare il debito, di questa bisogna oggi dire che è inefficace, oltreché insufficiente. Non vogliamo entrare qui in una valutazione tecnica della sua entità, se bastino o meno 25 miliardi circa a riportare il deficit ad un giusto livello e ad assicurare quella crescita, senza la quale sarà impresa ardua la riduzione dell’ingente debito che si è riformato sino ormai ad essere prossimo al 117%.
Ci basta ricordare a questo proposito che anche molti tecnici, non certo schierati a sinistra, ritengono la manovra inadeguata al raggiungimento di questi obiettivi.
E’ la “qualità” del provvedimento nel suo complesso che va comunque analizzata e valutata.
Ed allora il problema vero è come, con quali mezzi si pensa di raggiungere gli scopi senza impoverire di più coloro, che in questi anni hanno visto diminuire i loro già scarsi redditi, risparmi e consumi, mentre i profitti sono cresciuti enormemente.
Da questo punto di vista la manovra correttiva,ora all’esame del Senato, è ingiusta, iniqua, di taglio recessivo, anti-sociale ed assolutamente da rigettare senza tentennamenti da parte delle forze di opposizione presenti in Parlamento: noi comunisti, oggi, non abbiamo questa possibilità, ed anche questo elemento, la mancanza di una vera opposizione politica in parlamento, rende tutto più difficile.
Per il 50% circa, la manovra è costituita da tagli di risorse per le Regioni e gli Enti Locali, il che significa per quelli in affanno imporre nuove imposte e tasse: cioè,“si mettono le mani nelle tasche dei contribuenti”(bruttissima espressione che fa parte anch’essa del gergo dell’antipolitica ) per interposta persona! O significa inevitabilmente ridurre i servizi, anche quelli di sostegno alla persona, con conseguente aumento della sofferenza sociale dei più deboli, e la diminuzione in tanti settori del personale: quindi un ulteriore contributo all’aumento della disoccupazione e conseguenti maggiori difficoltà per le famiglie, chiamate a fare da ammortizzatori sociali per i due milioni di giovani senza lavoro e senza scuola.
Per circa un’altra metà la manovra colpisce pesantemente i pubblici dipendenti .E non vale qui il discorso degli aumenti stipendiali, di cui questi ultimi avrebbero già beneficiato rispetto ai lavoratori del settore privato, perché questi incrementi retributivi, calati nelle realtà, spesso si rivelano come il pollo di Trilussa!
Il blocco triennale dei contratti significa cancellazione di scatti di stipendio, il che per molti comporta non solo un decremento retributivo rispetto all’inflazione, ma anche una decurtazione dello stesso ammontare della pensione.
Ancora una volta sotto attacco è il sistema pensionistico, insieme alla sanità (sono queste le contro-”riforme strutturali” che da più parti vengono sollecitate, non ultima dalla stessa Banca d’Italia, dal F.M.I.,dalla Confindustria ecc.).
Ancora una volta la strategia della destra resta la stessa: mettere gli uni contro gli altri:dipendenti pubblici e privati, giovani ed anziani,uomini e donne, nord e sud e così via.Insomma la guerra tra poveri come sistema di governo e la crisi, come alibi e come occasione per dividere.
E resta la stessa la ricetta: ridurre la spesa sociale, diminuire il ruolo della Stato e la sua presenza nelle strutture sociali (scuola, sanità, servizi), nell’economia con le progettate ulteriori privatizzazioni.
Vanno infatti avanti le dismissioni. Sacrosanta la battaglia contro la privatizzazione dell’acqua.
Ma scarsa è l’attenzione su quelle riguardanti la Tirrenia,la Siremar,ecc. o sul progetto di spezzettamento dell’ENI per facilitarne l’acquisizione da parte dei privati investitori.
Tutto questo a fronte dell’immoralità di una evasione fiscale senza paragone o forse pari a quella greca. E’ sufficiente ritenere che la lotta all’evasione ed all’elusione possa concretarsi soltanto nella reintroduzione della c.d.”tracciabilità dei pagamenti”, misura questa tanto aborrita in passato proprio dal governo di centro-destra? Ed il limite di 5000 euro per i pagamenti in soldi liquidi non è in ogni caso ridicolo, assurdo ed insostenibile?
Abbiamo saputo che il 27% del PIL sfugge al fisco, che l’evasione fiscale si aggira sui 120 miliardi annui, che metà delle società iscritte alle Camere di Commercio presentano bilanci in passivo!
Nelle recenti “Considerazioni finali” il Governatore della B.d.I. Draghi ha sottolineato che per la sola I.V.A. le entrate in meno sono di 30 miliardi, pari a due punti di PIL.” Se l’IVA fosse stata pagata,il nostro rapporto tra debito e PIL sarebbe tra i più bassi della U.E.”.Ed inoltre, ha detto, che “la macelleria sociale si ha quando si spreca e quando non si combatte l’evasione fiscale”, parole queste senz’altro sottoscrivibili.
La manovra anche da questo punto di vista colpisce i lavoratori che già ora pagano in base ad aliquote altissime. Altro che restituzione del fiscal drag e detrazioni fiscali per i dipendenti, per non parlare del cosiddetto “quoziente familiare” tanto promesso in campagna elettorale e del quale nessuno del centro-destra parla più!
Non vengono toccate invece le rendite finanziarie, che continueranno ad essere tassate solo al 12%. E non è vero che un aumento della tassazione costituisca solo una”partita di giro” per effetto dell’aumento dell’interesse volto a rendere appetibile lo strumento finanziario, tant’è che i Servizi-bilancio di Camera e Senato hanno sempre calcolato in parecchi miliardi l’eventuale introito derivante dall’armonizzazione della tassazione .
I patrimoni dei due milioni di famiglie più ricche d’Italia resteranno indenni, malgrado il loro accrescimento persino durante la crisi.
Chi ha beneficiato della “scudo fiscale” versando allo Stato solo il 5%, a differenza di quelli che hanno sempre adempiuto il loro dovere fiscale, non è stato chiamato a contribuire, nemmeno in queste circostanze, con una addizionale di tassazione. Non deve valere anche qui il principio, della capacità contributiva e della progressività delle imposte?
Se si richiedono sacrifici, anche questi debbono essere rapportati a quanto stabilito dalla Costituzione della Repubblica. L’introduzione di una patrimoniale, sia pure limitata nel tempo come quella dell’immediato dopoguerra, e l’omogeneizzazione della tassazione delle rendite finanziarie, stanti le perduranti sperequazioni e discrepanze, se non ora quando allora vanno fatte?
La proposta del cancelliere Angela Merkel di tassare a livello internazionale le attività finanziarie non ha ottenuto sinora palesi consensi: é da tempo allo studio anche degli uffici dell’ONU un qualcosa che assomigli alla “Tobin tax” sulle transazioni finanziarie.
Non ha riscosso consensi anche l’altra decisione della Merkel di vietare le “ vendite allo scoperto” di titoli, scommettendo sulla loro perdita di valore per poi riacquistarli a prezzo più basso e restituirli. Non ha ragione la Merkel? Eppure durante la vicenda Lheman Brothers, sia pure per un breve periodo, le vendite allo scoperto furono proibite. Ed anche in Italia persino la Consob per qualche giorno le vietò! E dopo tanti “ regali agli amici”(condoni, sanatorie, riduzione a tre delle aliquote fiscali, abolizione totale dell’imposta di successione, dell’ICI, scudo fiscale,ecc.) ancora una specie di ulteriore condono edilizio mimetizzato da una sanatoria di immobili-fantasma ?
Intoccabili infine le enormi spese militari, soprattutto per gli armamenti sempre più sofisticati e costosissimi.Anche qui il Governo tedesco non ha esitato a tagliare il bilancio della difesa, dagli armamenti agli effettivi, alle caserme, pur di salvaguardare l’euro.
E’ fuori discussione l’esigenza di difendere l’euro e questo lo sa bene anche il sindacato per la difesa reale dei salari e delle pensioni, dal momento che due nemici delle classi lavoratrici sono da sempre l’inflazione (la tassa sui poveri, come diceva Giorgio Amendola) e la svalutazione.
La manovra non affronta neanche in misura minima la “questione sociale”(l’aumento della disoccupazione soprattutto giovanile, la diminuzione dei redditi e dei consumi, la sempre più difficile vita delle famiglie monoreddito, il Sud che continua ad espellere giovani verso il centro-nord, il 38 %di laureati), anzi la aggrava, facendo pagare ancora una volta il conto alle masse popolari a basso-medio reddito.
Dalla crisi si esce non con meno Stato, ma con più Welfare, con maggiore allargamento della domanda interna, con la ripresa di una crescita economica fondata su nuovi investimenti in innovazione, ricerca, infrastrutture. E soprattutto, con più giustizia sociale.


Luigi Marino, responsabile Economia dei Comunisti Italiani

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