domenica 11 settembre 2011

11 SETTEMBRE 1973: SI SPEGNE LA DEMOCRAZIA IN CILE

Domenica ricorre un anniversario molto importante per la storia della democrazia del nostro mondo.
L’11 settembre 1973 veniva bombardato il palazzo presidenziale della Moneda in cui moriva, difendendosi armi in pugno, Salvador Allende. Con il golpe la singolare e avanzatissima esperienza di democrazia cilena veniva sostituita dal regime del generale Augusto Pinochet, grazie al supporto degli Stati Uniti.
Da quel momento l’aggettivo “cileno” all’estero cambiò completamente accezione, richiamando le sparizioni di dissidenti, gli stadi usati come campi di concentramento, le torture della polizia.
Un fatto noto, anche se oggi ricordato molto meno che in passato, che tuttavia credo ci parli ancora con grande forze per le grandi questioni politiche che sta affrontando il nostro tempo.
Il golpe sorretto dalla ragioni internazionali del liberismo, preoccupato dalle nazionalizzazioni e dal rifiuto di pagare il debito estero (come l’Islanda di poche settimane fa…) colpì una riforma statale socialista che più che al socialismo reale dell’est assomigliava alla “via italiana” incarnata da Togliatti e Berlinguer (che non a casa teneva spesso un occhio a cosa era successo in Cile).
Sconfitto inizialmente alle elezioni del ’64, anche grazie ai quasi 3 milioni di dollari elargiti dagli Stati Uniti e dalla loro rete internazionale di organizzazioni (compresa la Democrazia Cristiana italiana) – come rivelato da Edward Korry , ambasciatore statunitense in Cile dell’epoca -, si ripresentò e vinse nel 70.
Era partito dai comitati del “Poder Popular”, raccogliendo e organizzando la gente attorno alla sua candidatura per aumentare la partecipazione del popolo alle elezioni. Una campagna costruita viaggiando per il paese, ascoltando e spiegando, che era culminata con la vittoria della sua coalizione composta da comunisti, socialisti e cristiano-sociali.
Il programma prevedeva una riforma dello Stato che mirava ad una democrazia avanzata, un socialismo in cui restava un sistema multipartitico, con le elezioni, che riconosceva diverse parti sociali ma che voleva restituire la sovranità nazionale ai cileni con le nazionalizzazioni dell’industria (in particolare il rame) che era in mano alle multinazionali così come con la riforma agraria.
Quella democrazia completa che neppure noi nell’avanzata Europa di oggi, dove l’età in andremo in pensione, le forme del lavoro, persino dove vanno spesi i soldi delle nostre tasse sono diventati affare della BCE e degli organismi economici sovranazionali che nessuno ha eletto, nemmeno dai pessimi governanti che ci siamo scelti.
Ed evidentemente questa sovranità democratica non poteva averla nemmeno il popolo cileno: appena Allende vinse le elezioni Nixon si adoperò perché non si insediasse, fallendo. Ad inizio mandato il primo omicidio con armi e munizioni statunitensi fatte giungere per canali diplomatici, quello del generale Schneider, forte oppositore dell’intervento dell’esercito in politica.
E poi nel 73 il primo tentativo di golpe di giugno e quello definitivo, l’11 settembre, con il bombardamento del palazzo della Moneda con i caccia Hawker Hunter di fabbricazione britannica. Allende si difese con un AK-47 rifiutando la fuga e quando tutto fu finito scelse il suicidio.
Il consenso popolare del governo di Unidad Popular era tale che il regime di Pinochet dovette farsi strada con la repressione, il rapimento degli oppositori, le torture, una “macchina dell’oblio” che doveva far dimenticare quella possibilità per il popolo di tenere tra le mani un pezzetto di potere sulla propria terra e le proprie vite.
Ricordare questa storia è importante: per non perdere mai il desiderio di una democrazia vera, per trarre ispirazione da una politica che risponda al popolo e non agli interessi delle tecnocrazie e per ricordarci di non cadere mai nella trappola di menzogne e ipocrisia di quel potere, molto concreto e materiale, che parlando di democrazia e libertà non esita a bastonare per non far mettere mai in discussione la “dittatura del mercato”.

Alessandro Squizzato

Nessun commento:

Posta un commento