martedì 10 novembre 2009

DIFENDERE LA SCUOLA

Dopo questi mesi di lotta non ci siamo ancora stancati ma anzi siamo più carichi che mai nella
difesa di una scuola e un sapere comune collettivo, libero e alla portata di tutti che il governo
Berlusconi vuole smantellare.
Secondo questo Governo la scuola pubblica non deve essere un perno di importanza vitale per il
Paese, in grado di garantire il sapere e la conoscenza a tutti i suoi cittadini, ma è il nemico
pubblico numero uno da dequalificare e destrutturare evitando che i giovani cittadini si formino
liberi ed emancipati, e al tempo stesso garantendo che l’unica istruzione di qualità sia quella dei
ricchi a fruizione dei ricchi.
Le norme dei ministri Gelmini e Tremonti servono, tout court, questa causa: quasi 8 miliardi di euro
di tagli ( il 20% dell’intero bilancio della scuola pubblica) e il licenziamento di circa 150 mila tra
docenti e personale ATA (gran parte personale precario), la facoltà di trasformazione degli istituti
scolastici in fondazioni di diritto privato, la riduzione dell’orario obbligatorio e la reintroduzione del
maestro unico alle elementari; ma anche la contemporanea introduzione dell’abbassamento
dell’obbligo di istruzione a 14 anni e il finanziamento delle scuole private e paritarie con le stesse
modalità del finanziamento alle scuole pubbliche (nel progetto di legge Aprea).
La pericolosità reazionaria di un simile disegno non può non essere immediatamente percepita da
ogni persona di buon senso; se il sapere è l’unico strumento reale di emancipazione sociale allora
si distrugga il sapere; se il sapere viene veicolato dalla scuola e dalle università pubbliche allora
siano dequalificate e sia impedito loro di svolgere il fondamentale ruolo ad esse prefigurato dalla
Costituzione, ossia quello di garantire a tutti il sapere; se l’unico modo per colpire un sistema
avanzato di valori e di principi, che vuole che i diritti fondamentali siano garantiti a tutti i cittadini, è
quello di colpirne la base costituita dal sapere e dall’istruzione garantita a tutti, allora lo si faccia, e
si crei una società di menti ignoranti e asservite più facili da comandare e magari da gettare in
pasto al capitalismo del libero mercato, avido di mano d’opera a basso prezzo.
La destra malsana che ci ritroviamo al governo intende questo quando parla, carica di aulici
eufemismi, di razionalizzazione o ripensamento del modello scuola. In realtà l’unico punto
fondamentale è distruggere le basi del sapere accessibile (costituzionalmente) a tutti,
indipendentemente dal fatto se i “tutti” in questione siano ricchi o poveri, avvantaggiati o disagiati,
cittadini o immigrati, meritevoli e non (perché prima di parlare di meritocrazia bisogna garantire a
tutti, anche a chi non è meritevole, di confrontarsi con le proprie capacità e ambizioni in una scuola
qualificata, e non utilizzare quel concetto come alibi per introdurre un’istruzione classista).
Non è un caso se accanto ai tagli troviamo la vergogna, indegna per un qualsiasi paese evoluto,
dell’abbassamento dell’obbligo scolastico da 16 a 14 anni, laddove la nostra dispersione scolastica
si attesta sopra il 20% rispetto all’ UE che si ferma al 14,7%. Come a dire, agevolare quel
fenomeno eliminando un obbligo che pure fatica a impedire che soprattutto al sud migliaia di
giovani finiscano nelle vie della delinquenza, più o meno organizzata, del lavoro minorile o della
semplice ignoranza. In un quadro simile è evidente che il nostro ruolo non è quello di stare a
guardare chi piccona i nostri diritti e il nostro futuro, ma è quello di agire contro, costituendo un
fronte di difesa che veda studenti, genitori, insegnanti, organizzazioni sindacali e studentesche,
liberi cittadini pronti a scendere in piazza e a difendere con unghie e denti una scuola pubblica non
più ispirata ai principi di democrazia, uguaglianza, laicità, solidarietà e pluralismo affermati dalla
Costituzione ma affine ad un’impostazione classista e anti-sociale.
Sentiamo la necessità e l’urgenza di fare in modo che la nostra generazione non sia l’ultima a
poter usufruire di un sistema scolastico pubblico e democratico, pensato per tutti e accessibile a
tutti. È per questo che sosteniamo e partecipiamo alla battaglia del referendum scolastico
nazionale voluto dall’UDS affinché gli studenti si pronuncino in prima persona su quattro temi di
interesse primario, come didattica, stages formativi, rappresentanza e diritto allo studio. Pensiamo
sia uno strumento importante di democrazia e possa essere il veicolo mediante il quale fare uscire fuori dalle aule scolastiche tutto il malessere di un popolo studentesco vessato e condannato nel
suo futuro da questo governo.
Da comunisti vogliamo mettere in campo alcune proposte, sulle quali costruire mobilitazioni con
tutti i soggetti politici e sociali che le condividono, imperniate su un'idea radicalmente diversa di
scuola.
Innanzi tutto proponiamo un piano straordinario decennale (le cui risorse siano reperite con la lotta
all’evasione e con la riduzione delle spese in armamenti e missioni militari) destinato alla messa in
sicurezza degli edifici scolastici su tutto il territorio nazionale, o alla costruzione di nuovi dove
necessario; per evitare che il diritto allo studio si trasformi in una tragedia annunciata, come
avvenuto a Campobasso o Torino.
Chiediamo la restituzione delle risorse sottratte alla scuola pubblica dalla riforma Gelmini,
integrando questa richiesta con la proposta di una destinazione vincolata alla scuola pubblica del
5% del Pil, assicurando così alla scuola i fondi indispensabili per un suo corretto funzionamento
che si esplica attraverso il potere-dovere di garantire a tutti l’ accesso si saperi.
Ci opponiamo con forza, inoltre, alla barbara volontà del governo di ridurre l’ obbligo scolastico,
manifestando la necessità che, non solo lo si riporti a 16 anni, ma che anzi lo si innalzi a 18;
questo in un’ ottica più vasta e complessa di seria lotta al triste fenomeno della dispersione
scolastica, piaga sociale che, nei centri sottosviluppati, finisce spesso per foraggiare di giovane
manovalanza i gruppi mafiosi e delinquenziali.
Per questo, accanto alla richiesta dell’innalzamento dell’ obbligo scolastico, proponiamo la
completa gratuità dei libri di testo e un presalario mensile di 200 euro agli studenti che assolvano
all’ obbligo scolastico, appartenenti a famiglie con reddito ISE inferiore a 15.000 euro annui;
questo per evitare che lo studente sia visto come un peso che grava sul bilancio economico di
quella famiglia, incentivandone al contrario il prosieguo degli studi.
Sappiamo bene però che il problema scuola deve essere necessariamente letto insieme al risvolto
che esso produce e che ne costituisce parte integrante, ossia il lavoro.
Una lotta per il futuro della scuola pubblica italiana passa anche attraverso la causa di decine di
migliaia di insegnanti che in questi anni si sono visti ridicolizzati e sminuiti nel loro impiego; per
questo chiediamo che sia garantita ad essi, secondo Costituzione, la libertà di insegnamento,
riconosciuta la piena professionalità (anche attraverso un piano triennale di aggiornamento a
sostegno dello sviluppo professionale) e il ruolo, e vengano loro attribuiti livelli stipendiali pari agli
standard europei.
È indispensabile che vengano, inoltre, coperti i posti vacanti nelle scuole con l’assunzione degli
insegnanti precari, e che venga garantito a ogni scuola un organico di docenti tale da assicurare
una buona qualità dell’istruzione con la realizzazione di progetti didattici innovativi che vedano
l’uso delle nuove tecnologie e di nuove modalità di insegnamento. Così come pensiamo sia
necessario garantire la funzionalità e il reale concorso alla vita plurale e democratica di ogni istituto
ad opera degli organi collegiali, favorendo la partecipazione di tutti gli studenti ai momenti
decisionali che attengono alla gestione amministrativa e alle scelte didattiche e formative della
propria scuola.
Ecco, noi pensiamo che questo voglia dire difendere la scuola, agire per il suo bene e per quello di
chi ne fa parte, studenti e lavoratori; lavoro e sapere. Queste sono le proposte che alimenteranno
le nostre battaglie. Noi pensiamo sia indispensabile agire e mobilitarsi per il nostro bene, per i
nostri diritti e per il nostro futuro; in difesa di una scuola pubblica di tutti e non odioso privilegio
classista per pochi un domani. Per non essere servi in una società morta, senza sapere nè
conoscenza.
Riprendiamo a lottare per rimanere liberi e avere come unico padrone noi stessi!
Lottiamo per un’altra scuola, non per la luna!

Gian Piero Cesario
Resp. Naz. Scuola
Ferazione Giovanile Comunisti Italiani

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