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Parte oggi il processo costitutivo della Federazione della Sinistra.
E’ un processo aperto, avviato da Prc, Pdci, Socialismo 2000, Lavoro - Solidarietà, rivolto
a tutti i soggetti politici, le associazioni, i movimenti e le singole persone che vogliono
impegnarsi per il superamento del capitalismo e del patriarcato.
E’ necessario infatti invertire la distruttiva tendenza alla divisione e alla frammentazione
che ha sinora caratterizzato la sinistra di alternativa. Vogliamo costruire l’unità sulla base
della chiarezza programmatica e della piena indipendenza politica e culturale dal centro
sinistra. Ci poniamo quindi l’obiettivo di costruire la Federazione in relazione ai
movimenti e alle lotte sociali, al fine di sconfiggere il berlusconismo – moderna
espressione del sovversivismo delle classi dirigenti e della cultura reazionaria - e di
costruire l’alternativa sul piano sociale, politico e culturale.
A tal fine la Federazione riconosce e valorizza le diverse identità politiche e culturali che
sono maturate nell’ambito del movimento operaio, del movimento socialista e comunista,
del movimento pacifista e ambientalista, del movimento femminista, GLBTQ e dei diritti
civili ed in generale nelle lotte per la libertà e giustizia che si sono espresse nel movimento
altermondialista.
La Federazione è antifascista e assume il diritto al lavoro come fondamento della
democrazia e della dignità della persona. Considera essenziale il diritto all’istruzione e al
sapere. La vita della Federazione della sinistra si fonda sulla rappresentanza paritaria di
uomini e donne, sul rispetto del pluralismo, sulla partecipazione di esperienze individuali e
collettive e sul valore della prassi, intesa come centralità dell'azione sociale, che va
quotidianamente verificata nei luoghi del conflitto sociale, territoriale, ambientale e
culturale, dello sfruttamento e delle discriminazioni. In questi luoghi, nasce e cresce la
Federazione, si formano i nuovi dirigenti della sinistra, si realizza la partecipazione
democratica e si costruisce un nesso fra prassi, decisione politica e democrazia.
La crisi del capitale
E’ in atto una profonda crisi del sistema capitalistico, frutto delle contraddizioni
accentuate dalla mondializzazione. La situazione attuale, nel sommare crisi economica,
finanziaria, alimentare, ambientale ed energetica, si presenta sempre più come crisi
sistemica che porta con sé la possibilità oltre che la necessità di costruire una alternativa
complessiva.
Nel generale quadro di peggioramento della condizione dei lavoratori, in particolare nel
nostro paese, la precarietà lavorativa è diventata l’invivibile condizione per intere
generazioni di giovani a cui il presente e il futuro vengono negati. La precarietà, che recide
legami sociali, genera insicurezza, solitudini ed individualismo, non è un fenomeno
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naturale ed inevitabile ma il tratto distintivo del carattere barbarico e regressivo
dell’odierno capitalismo.
La guerra ha assunto un carattere permanente e costituente un nuovo ordine mondiale
fondato sul dominio neocolonialista e neoimperialista dei paesi ricchi. La crisi
approfondisce le contraddizioni e l’accaparramento delle materie prime e il controllo delle
aree strategiche è diventato il motore della tendenza alla guerra di questo capitalismo. Le
guerre “umanitarie” e di occupazione, condotte dalla Nato o da alleanze a geometria
variabile, hanno prodotto e producono crescente instabilità e rischiano di alimentare un
latente conflitto di civiltà. L’Onu è stata di fatto espropriata della funzione di mantenere la
pace mondiale e di risolvere i conflitti attraverso il dialogo negoziale e la diplomazia.
La globalizzazione si è nutrita di una enorme finanziarizzazione dell’economia che ha
avuto per anni la funzione di ritardare la crisi strutturale con l’effetto di aumentarne oggi
gli effetti devastanti. Questa finanziarizzazione ha prodotto una oligarchia priva di ogni
controllo democratico e operato una gigantesca redistribuzione del potere e del reddito dal
basso verso l’alto. Proprio la crisi finanziaria è il segno più evidente della crisi strutturale
del modello di produzione capitalistico.
La mondializzazione ha aggravato ed allargato le diseguaglianze; nel mondo come in
Italia, il divario fra Nord e Sud, fra zone ricche e zone povere. In questo contesto
assistiamo ad una vera e propria crisi alimentare che colpisce centinaia di milioni di
persone a fronte di una politica di rapina delle risorse del pianeta che vengono consumate
sino a metterne in forse gli equilibri. La mercificazione di ogni ambito sociale e materiale
ha prodotto una drammatica crisi ambientale in cui è messa pesantemente in discussione la
sopravvivenza stessa della specie umana. Il nomadismo per il lavoro ed una vita dignitosa
è la condizione dell’esistenza di tante donne e tanti uomini.
Parallelamente la globalizzazione ha esteso il lavoro salariato e ne ha pesantemente
aggravato lo sfruttamento. La perdita del controllo da parte dei lavoratori delle proprie
condizioni di lavoro e del rapporto con la natura è diventata ancor più profonda. Mentre il
capitalismo produce nel mondo enormi divari territoriali, le politiche restrittive
dell’immigrazione verso i paesi ricchi e la produzione di subculture securitarie e razziste,
celano il loro vero scopo, quello di determinare radicali forme di subalternità nell’accesso
ai diritti sociali, civili e politici, realizzando un livello intollerabile di sfruttamento fondato
sull’Apartheid.
I rapporti di potere economico, sociale e simbolico fra i sessi non sono affrancati dal peso
dei tradizionali ruoli. In particolare, la ripartizione diseguale e il disconoscimento di valore
del lavoro riproduttivo, l’accumulo di lavoro riproduttivo e lavoro retribuito, la ricaduta
che su di esso hanno il ridursi dello stato sociale e l’intreccio con la segregazione delle
lavoratrici migranti, esercitano una violenza distruttiva del genere femminile e della sua
libertà. In generale, la restaurazione capitalista si è nutrita ed ha alimentato subculture
sessiste e patriarcali finalizzate a legittimare un assetto sociale strutturato sulla
discriminazione di genere: nell’organizzazione familiare, nella destinazione dei tagli al
welfare, nelle condizioni di lavoro e salario.
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Nel mondo le politiche neoliberiste sono state accompagnate da un duro attacco alla
sovranità dei popoli ed alla democrazia politica. La manipolazione mass mediatica, la
connivenza con le organizzazioni mafiose e la riduzione della democrazia a delega passiva
sono gli elementi che caratterizzano la crisi della democrazia a livello mondiale. In Italia
questo processo è avvenuto attraverso l’introduzione di leggi maggioritarie e la riduzione
della dialettica politica alla contrapposizione tra due poli, uniti dall’idea di amministrare
l’esistente condividendo la sostanza delle politiche del lavoro, economiche e militari. Le
istituzioni rappresentative sono state espropriate dei loro poteri in favore degli esecutivi, il
suffragio universale e la sovranità popolare sono stati svuotati della loro forza
costituzionale. La partecipazione organizzata è stata sostituita dal rapporto plebiscitario fra
popolo e leader, i conflitti sociali e i movimenti civili sono impediti della possibilità di
incidere istituzionalmente, la politica è degenerata e si è separata dalla società. I partiti,
senza partecipazione democratica si riducono a strumenti nelle mani di poche persone e la
militanza si è trasformata spesso in carrierismo. Con il bipolarismo la questione morale si
è aggravata. Corruzione, autoritarismo e impunità dei potenti e dei loro conflitti di
interesse, rapporto mafie-politica e clientelismo hanno assunto una dimensione e un
carattere endemico, pervasivo e centrale nel funzionamento del sistema politico. E’ in
questo contesto di bipolarismo tra simili, di fallimento strategico della sinistra moderata,
che in Italia è nato il Berlusconismo, il quale esprime in forma estremizzata queste
tendenze generali.
Uscire dal capitalismo in crisi, costruire il socialismo del XXI secolo
La crisi capitalistica ha aggravato tutte le tendenze negative dentro una recessione
economica che viene scaricata sulle spalle dei più deboli. Di fronte a questa crisi, a nulla
servono i rattoppi che i vari G8 o G20 vengono via via definendo e si misura
concretamente il fallimento delle politiche liberiste e delle socialdemocrazie. Il punto
centrale è che la crisi segna in modo evidente il carattere regressivo del sistema
capitalistico che non è in grado di garantire lo sviluppo sociale e civile del pianeta. Per
questo riteniamo che il problema non sia quello di uscire dalla crisi del capitalismo ma
quello di uscire dal capitalismo in crisi per costruire quello che i popoli latinoamericani
hanno chiamato il socialismo del XXI secolo. Ci poniamo questo obiettivo a partire
dall’assunzione della validità dell’analisi marxista della società e dalla nostra scelta di
fondo di far parte del movimento mondiale contro la globalizzazione neoliberista.
In questa prospettiva i nostri principi ispiratori di fondo sono:
- La lotta per la pace. Per noi l’opposizione alla guerra, il superamento della Nato e
delle basi statunitensi in tutti i continenti, la promozione di processi di pace e di
disarmo nucleare e convenzionale, il dettato costituzionale dell’articolo 11, sono
contenuti irrinunciabili e non negoziabili.
- La difesa e l’estensione della democrazia. Riteniamo fondamentale la difesa e
l’attuazione della Costituzione a partire dal rilancio della partecipazione come
fondamento della politica. Ci battiamo pertanto per il superamento del bipolarismo,
contro ogni forma di presidenzialismo, per il ristabilimento della natura
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parlamentare di tutte le istituzioni e per una riforma elettorale proporzionale. Ci
battiamo per sviluppare i processi di democrazia partecipata e allargare la
democrazia sui luoghi di lavoro, al fine di garantire ai lavoratori il pieno esercizio
dei propri diritti sindacali, di eleggersi i propri rappresentati e di decidere sulle
piattaforme e gli accordi che li riguardano.
- La lotta per la liberazione del lavoro, per l’eguaglianza e contro ogni forma di
sfruttamento. A tal fine, partendo dalla nostra chiara scelta di classe nella lotta
contro il capitale, vogliamo operare per l’unità del mondo del lavoro a livello
nazionale e internazionale. Questo significa oggi in primo luogo contrastare ogni
forma di razzismo e di precarietà del lavoro. La Federazione ritiene proprio compito
indispensabile ricostruire una organizzazione politica di classe dei lavoratori, per
riaffermare una autonomia culturale ed una rinnovata azione politica di lotta dei
lavoratori. Vogliamo sviluppare le pratiche di mutualismo e di solidarietà, così
come il rilancio dell’inchiesta operaia, che rappresentano utili terreni di iniziativa
per la ricostruzione dell’unità dei lavoratori e delle lavoratrici.
- L’eguaglianza nei rapporti sociali e di produzione, nelle relazioni fra i sessi, contro
ogni razzismo o discriminazione sulla base della religione, del genere,
dell’orientamento sessuale.
- Sulla base del pensiero femminista, contrastiamo il patriarcato in ogni sua forma e
respingiamo ogni tentativo di controllo pubblico sul corpo e sulla libertà e
autodeterminazione delle donne. Riteniamo pertanto requisito fondamentale per la
Federazione la rappresentanza paritaria di donne e di uomini.
- I principi della laicità a partire dalle ragioni dell’Illuminismo e dei movimenti
antifondamentalisti. Vogliamo l’affermazione e l’universalità dei diritti civili e il
riconoscimento ed il rispetto delle differenze degli individui, delle differenti identità
personali e orientamenti sessuali. Difendiamo l’autodeterminazione individuale
nelle scelte sessuali e procreative.
- La lotta contro la mercificazione delle relazioni sociali e della terra, facendo nostro il
concetto di limite in un quadro di società sostenibile. Ci battiamo contro la
distruzione del welfare, per l’affermazione integrale dei diritti sociali per tutti e per
tutte. Ci battiamo contro la distruzione dell’ambiente, contro la scelta nucleare, per
una radicale riconversione ambientale e sociale dell’economia e per l’affermazione
piena dei beni comuni. Riteniamo beni inalienabili della comunità umana:
l’ambiente, le risorse naturali, l’acqua, la sovranità alimentare, il diritto
all’abitazione, così come la salute, la protezione sociale per la vecchiaia e per
l’infanzia, i servizi pubblici, i saperi, l’arte, il patrimonio culturale, la ricerca e
l’istruzione pubbliche. Il territorio e le aree urbane non sono beni a disposizione del
capitale e non possono essere sottratti al controllo pubblico e sociale. Lo stato deve
intervenire per salvaguardare il diritto al lavoro quando questo è messo a rischio
dall’azione economica individuale e privata.
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- Il diritto alla cultura e all’istruzione pubblica per tutti e tutte contro ogni tentativo di
privatizzazione del sapere. La cultura è un patrimonio universale, prodotto nel corso
della storia dell’umanità e ogni tentativo di privatizzarlo è del tutto arbitrario e
socialmente regressivo. Il valore sociale del sapere è quindi punto fondante la nostra
identità politica e siamo contrari a qualsiasi aziendalizzazione o privatizzazione
dell’università, della ricerca e della scuola. La riduzione a merce di ogni aspetto
della vita e delle attività sociali si accompagna alla subordinazione della ricerca
scientifica alle logiche del capitale. Noi ci battiamo contro questa sottomissione
della scienza al capitale e riteniamo che le ragioni storiche e filosofiche della libertà
della scienza non debbano porsi in contrasto con le esigenze della collettività e con
il rispetto dell’ambiente e degli ecosistemi.
- Il rilancio dell’intervento pubblico in economia. A partire dal fallimento del
neoliberismo proponiamo un rinnovato intervento pubblico che partendo dalla
proprietà pubblica del sistema creditizio si articoli nella promozione di politiche
industriali finalizzate alla riconversione ambientale e sociale dell’economia.
Riteniamo che il punto fondamentale su cui operare sia la costruzione di nuove
forme di intervento pubblico caratterizzate dal controllo e dall’autorganizzazione
sociale. In ogni luogo del mondo ci sono comunità, lavoratori e movimenti giovanili
che difendono l’ambiente in cui vivono e contrastano le condizioni di vita e lavoro
imposte dai nuovi rapporti sociali che il capitalismo determina. Noi scegliamo di
essere parte di queste esperienze e di impegnarci per costruire legami più solidi,
progetti e lotte comuni.
- Riteniamo necessario rimettere al centro dell’iniziativa politica la questione
meridionale. Economia illegale e mafie hanno accresciuto depressione e ostacolato
lo sviluppo economico e sociale del mezzogiorno. Questa situazione è aggravata
dalla ripresa dell’emigrazione giovanile. Perciò la Federazione assume come
fondamentale la valorizzazione dei saperi e delle risorse presenti nel mezzogiorno
recuperando margini per un intervento pubblico rispettoso del territorio e gestito
attraverso un allargamento del controllo popolare. Ciò deve coniugarsi con la
costruzione di un welfare di qualità che garantisca una pienezza di diritti sociali a
tutti e tutte. Decisivo a tal fine è il rilancio della battaglia contro le mafie e contro
l’intreccio tra economia legale e illegale che caratterizza tanta parte dei processi di
accumulazione della borghesia mafiosa. La lotta alle mafie non deve essere
interpretata come mera questione di ordine pubblico e/o giudiziaria, ma deve avere
al centro proprio la costruzione di un assetto sociale forte basato sul diritto al lavoro
e sulla certezza dei diritti sociali e civili.
- La centralità della questione morale e della riforma della politica. Molta parte
dell’attacco alle forme storiche della democrazia viene motivata dall’evidente crisi
morale delle classi dirigenti e dal distacco tra politica e società. La Federazione è
quindi impegnata ad elaborare regole di comportamento dei propri candidati ed
eletti, improntate al rispetto di una rigorosa etica pubblica e alla ricostruzione della
trasparenza nella gestione della “cosa pubblica”.
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Il nostro progetto politico assume come elementi fondanti della visione delle relazioni
internazionali la lotta contro la guerra e per la pace, l’internazionalismo e il contrasto al
neocolonialismo.
Lo scontro sociale oggi avviene anche a un livello sovranazionale e, pertanto, il nostro
progetto politico ha un naturale campo di sviluppo, l’Europa. Riteniamo necessaria la
costruzione di una dimensione europea della sinistra, strategicamente autonoma, sia sul
piano politico che culturale, dalla socialdemocrazia europea, e dal PD a livello italiano.
Per queste ragioni in Europa la Federazione si colloca con le forze che danno vita alle
esperienze del Partito della Sinistra Europea e del GUE-NGL. Vogliamo ricomporre a
livello continentale un fronte unitario, aperto ed inclusivo nel rispetto delle diversità delle
sinistre di alternativa in Europa per costruire una battaglia politica efficace per superare
questa Europa tecnocratica e liberista, con istituzioni impermeabili al conflitto e alle
istanze democratiche, frutto dell’accordo tra centro destra e socialisti e formalizzata nel
Trattato di Lisbona.
Noi ci battiamo per un’Europa della pace che esca dalla subalternità con gli Stati Uniti. Per
un’Europa democratica fondata sulla sovranità popolare. Per un’Europa sociale che
riconosca l’eguaglianza nei diritti e nel lavoro, il rispetto dell’ambiente, della cittadinanza
cosmopolita, delle culture, delle minoranze delle religioni.
Riconosciamo nell’Europa lo spazio politico della costruzione dell’alternativa di società:
l’alternativa per un socialismo del XXI secolo.
05/12/2009
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