martedì 1 dicembre 2009

Oliviero Diliberto (Comunisti Italiani), Lettera aperta a Marchionne (FIAT)



Gentile Dr. Marchionne,
sono giorni di febbrili e intense trattative tra Fiat, Governo e Sindacati con al centro il piano industriale dell’azienda e i tagli di lavoratori e stabilimenti o la riconversione degli stessi verso non meglio precisati obiettivi, Termini Imerese in primis.

Tagli e riconversioni che rischiano di mettere sul lastrico migliaia di lavoratori, che con le loro famiglie, per lo più monoreddito, non avranno così più il salario necessario per vivere. Il tutto avviene nonostante la montagna di finanziamenti pubblici ricevuti da Fiat in questi anni, non concessi certo né per licenziare, né per chiudere fabbriche, ma per creare lavoro, innovazione e sviluppo.

Contestualmente a tale piano, Fiat continua ad avviare - noi comunisti ci ostiniamo a chiamarla ‘delocalizzazione’ - attività produttive in altri Paesi.

Non le sembra irriguardoso tutto ciò nei confronti dello Stato, che tanto ha dato a Fiat? Non le sembra immorale nei confronti della dignità e della professionalità dei lavoratori? Non le sembra irrispettoso nei confronti dei territori in cui i tagli di personale e di fabbriche insistono?

Se gli intendimenti dell’azienda andranno avanti, in diverse aree del nostro Paese, purtroppo, si produrranno emorragie occupazionali vere e proprie, con ricadute pesantissime sulla vita quotidiana delle persone e sul tessuto sociale di quelle realtà, tenuto conto del fatto che parliamo di lavoratori che hanno un’età anagrafica non certo favorevole ad una loro nuova ricollocazione occupazionale.

Fiat, per gli italiani, è un marchio di fedeltà. Da tutta questa vicenda anche tale prestigioso simbolo rischia di pagare un altissimo pegno, in termini di popolarità, sull’altare del profitto e del capitalismo senza scrupoli. Non le pare?

In attesa di un suo cenno di riscontro, invio distinti saluti.

Oliviero Diliberto

Roma, 1 dicembre 2009

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