Erano davvero necessarie decine di feriti per capire che tra Rosarno e Gioia Tauro esisteva un’emergenza? Eppure ci si accorge solo ora di una situazione grave ed insostenibile che è presente da anni nelle campagne e nei paesi della piana di Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria. La rivolta dei migranti di questi giorni è solo l’ultimo atto di una tragedia annunciata. Centinaia di persone costrette a vivere in condizioni disumane e lavorare nei campi 10-12 ore al giorno per 15 o 20 ridicoli euro, non appaiono dal nulla e soprattutto il loro disagio non può essere considerato un approdo dell’ultimo momento.
La situazione emergenziale di questi giorni altro non è che la conseguenza di un sistematico sfruttamento, al confine con la schiavitù, perpetrato ai danni degli immigrati che altro non hanno fatto che ribellarsi ad un sistema di potere che gli voleva “scippare” il loro sacrosanto diritto ad una vita migliore. Proprio questa speranza, nel momento in cui è stata messa in discussione, ha provocato la reazione dei migranti. Da varie parti si cerca di condannare goffamente ciò che è avvenuto a Rosarno, ma quel che oggi è diventato emergenza, ieri non era nemmeno lontanamente nell’agenda politica. Davvero in pochi si sono preoccupati di cercare una soluzione a quella situazione già da mesi critica, che aveva già dato segni di instabilità. Un vero e proprio ghetto quello di cui si parla, dove persone come noi vivono senza un tetto sulla testa, senza luce ne acqua ne alcun genere di servizio, che in quanto tale non poteva che generare rischi e violenze. Il PdCI calabrese solo pochissimi giorni prima aveva rilanciato l’allarme. Il segretario regionale, Michelangelo Tripodi, aveva invitato il ministro Maroni, in visita a Reggio dopo l’attentato alla procura, ad occuparsi di quella situazione di estremo disagio che solo poche ore dopo è esplosa . Adesso l’esigenza primaria ed immediata è garantire la sicurezza e l’incolumità dei migranti vittime della reazione xenefoba di una parte dei cittadini di Rosarno (molti altri già nei mesi scorsi si erano distinti in azioni di solidarietà attiva con gli immigrati), ma se da una parte si alzano barricate, dall’altra Mimmo Lucano, sindaco di Riace, piccolo centro esempio di accoglienza ed integrazione sempre in provincia di Reggio Calabria, ha dato disponibilità del proprio comune come nuova “casa” per alcuni dei migranti protagonisti della rivolta. C’è una Calabria che ha paura del diverso quindi, ma c’è ne anche un’altra che ha capito che i problemi si risolvono con l’ascolto e la comprensione. Proprio quest’ultima dovrebbe dimostrare al governo, al ministro Maroni ed a tutti i cittadini il totale fallimento della bossi-fini e di ogni altro strumento repressivo e repulsivo del fenomeno immigrazione. In conclusione la nostra totale solidarietà e vicinanza va ai fratelli africani che tra Rosarno e Gioia Tauro hanno lottato per una vita migliore, anche per noi, con le parole del poeta MAHMUD DARWISH: “Non odio la gente né ho mai abusato di alcuno ma se divento affamato la carne dell'usurpatore diverrà il mio cibo. Prestate attenzione! Prestate attenzione! Alla mia collera ed alla mia fame!
Luca Lombardi Coordinatore Regionale FGCI Calabria
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